di maurizio aversa
NOTIZIONA. L’ansa, e la riprende ampiamente il
FattoQuotidiano, raccontano in queste ore, di una posizione “dura” del Governo.
In particolare del Ministro Di Maio, circa la vicenda ILVA. In sostanza, il
vicepresidente Ministro, ha messo in moto due meccanismi: da un lato la
procedura (che dura 30 giorni per legge) per verificare se giungere a
stracciare la gara che ha aggiudicato ad Arcelor Mittal (finanze, capitali e
presenza nel settore acciai delle società Lussemburghese ed indiana) la vendita
dell’ILVA di Taranto. Dall’altro lato, come se la vendita dovesse continuare,
Di Maio andrà a verificare con Arcelor Mittal la loro proposta migliorativa,
proprio a seguito dell’iniziativa di zoom attivata dal Governo. Ora è curioso
che sia l’agenzia di stampa che il quotidiano evochino la “durezza” della presa
di posizione, evidentemente veicolata dal Governo.
(foto ANSA) Lo stabilimento ILVA di Taranto.
Curioso perché, ad esempio,
la finestra per stracciare (eventualmente) la gara di vendita viene attivata
grazie all’uso della relazione dell’ANAC (anticorruzione). Esattamente, dopo
che chiaramente, anzi in modo esplicito e non richiesto, il capo dell’ANAC,
Cantone, ha detto che l’eventuale invalidazione della gara non poteva far perno
sulla relazione ed i rilievi ANAC. Dunque “durezza di che”? Seconda questione,
i colloqui, ove si giungesse a buon fine, che Arcelor Mittal stanno mettendo
sul tavolo, rispondono ad azioni conseguenti le richieste dei tre commissari di
ILVA che, dopo la gara assegnata, pare si siano accorti, che negli accordi di
vendita, la parte “ambientale” era minuziosa, comprendeva tutto, il risanamento
di sito e accortezza per la città etc, tranne che, non era specificato QUANDO
Arcelor Mittal avrebbero dovuto attuare questa parte di accordo. Dunque anche
qui, “durezza di che”?
Altro punto di vista. Dialogando tra comunisti,
qualche compagno sottolineava come per le grandi aziende in crisi, Enrico
Berlinguer si recava sul posto. Nel caso, oltre che prendere posizione di merito,
andava anche ai cancelli per incontrare i lavoratori etc. Ho verificato perché ho
ritenuto giusto l’appunto. Ebbene, per ben due volte, Mauro Alboresi, il
segretario del PCI che stiamo ricostruendo, negli ultimi mesi è stato a
Taranto. Non lo sapevate? Io stesso ho dovuto fare ricerca tra le carte dei
comunisti? Perché? Semplicemente perché – oltre la nostra debolezza, ma la
notizia ci sarebbe comunque – la presenza a reti unificate dei precedenti
Governi Monti-Gentiloni-Renzi (cioè a traino PD quelli che hanno fregato i
lavoratori), ed ora il Governo Conte-Salvini-Di Maio (cioè a guida Lega M5S)
quelli che stanno preparandosi a fregare i lavoratori, non hanno alcun
interesse a far emergere che sul tavolo, può sempre tornare l’ipotesi della
rinazionalizzazione dell’ILVA. Fantasie? Vediamo: il PCI, dai comunisti
organizzati a Taranto, alla Direzione nazionale, quando propongono questa
soluzione, pensano che il nostro Paese ha necessità di un Piano Nazionale
Industriale. Ve ne è traccia nelle politiche e nelle scelte al vaglio di vecchi
e nuovi governanti? NO. Sarebbe un Piano che inizia da zero? NO, anzi si
baserebbe proprio sulla rivalutazione delle famose eccellenze di cui il nostro
Paese è interprete da sempre. Curiosità del caso specifico: le commesse internazionali
più rilevanti (quantitativamente e su stoccaggi di qualità) nelle gare per
forniture di Acciai, nel braccio di ferro industriale tra Italia e Giappone
sapete chi le ha vinte spessissimo? Si l’Italia. E sapete con quali siti
produttivi? Taranto, prima fra tutte; oltre Piombino e Genova. Ecco dunque che
la proposta, dei lavoratori comunisti come di Mauro Alboresi da segretario PCI,
cerca proprio di riappropriarci di cosa siamo capaci di fare, guadagnandoci, e
quindi garantendo posti di lavoro, occupazione sana.
E questo è l’altro punto dolente. I sindacati
sono allarmati, e, giustamente, in modo durissimo (questo si non di maniera)
hanno detto a Di Maio (specificando che la stessa cosa avevano detto a Calenda)
che, gara o non gara, Arcelor Mittal o altri, il punto primo deve riguardare la
salvaguardia dei 14.000 posti di lavoro. Sarà così? A leggere le specifiche di
gara e le migliorie solo sull’ambiente di Arcelor Mittal, non sarà affatto
così. Infatti sui lavoratori viene specificato che le parole “zero esuberi” o
altre equivalenti non ci sono nel comunicato del Governo e degli acquirenti.
Anzi sul fronte occupazionale Arcelor Mittal si è limitata ad impegnarsi a
supportare una “soluzione idonea” per tutti gli attuali dipendenti di ILVA
entro la scadenza del piano industriale aziendale (2024). Questa soluzione
idonea è rinviata a trattativa sindacale. E’ esagerato chiamare tutto ciò una
fregatura per i lavoratori? Ecco perché il documento-volantino diffuso in
occasione della presenza di Alboresi a Taranto il 30 novembre 2017 è ancora
attuale, nella succinta analisi e proposta: “Ci adeguiamo in un mondo
produttivo livellato al massimo sfruttamento dei lavoratori. Si proclamerà uno
sciopero nazionale sulla sicurezza del lavoro da parte dei maggiori sindacati
ma non basta!
Loro hanno una storica inadeguatezza nel livello
dello scontro attuale che ribadiamo essere antico nei contenuti. A nulla
valgono gli insegnamenti e le esperienze passate: occorre cambiare il modo di
lavorare ed il controllo deve essere diretto da parte dei lavoratori
sull’intero ciclo produttivo. Il potere nelle fabbriche va riconquistato con
l’Identità di una classe che oggi drammaticamente è assente.”. Analoga
giustezza di presa di posizione hanno tenuto i compagni del PCI pugliesi come
si legge in uno stralcio di documento ufficiale: “La nuova proprietà
Ilva affronterà il cosiddetto “risanamento dell’ILVA” scaricandone comunque i
pesi finanziari e sociali sulla pelle dei lavoratori e delle loro famiglie. Infatti
sono dati certi dell’accordo sia il licenziamento di poco meno della metà degli
occupati del gruppo, sia una consistente riduzione dei salari per i “fortunati”
che conserveranno il loro posto di lavoro, ed assai incerti e fumosi sono gli
impegni di risanamento ambientale; al contempo il prezzo d’acquisto rimane
modesto ma sufficiente a restituire i soldi a chi li anticipa, e
l’ambientalizzazione rimane sostanzialmente indefinita e a carico di terzi: un
vero affare per i nuovi padroni come lo fu 22 anni fa per Emilio Riva garantito
nell’acquisizione dal Governo Dini. Il Partito Comunista Italiano che rifiuta e
si oppone a queste logiche nefaste, invita gli operai di tutti gli stabilimenti
ILVA a unirsi nella lotta : il destino di uno deve essere il destino di tutti!
e propone la tenuta di un referendum nazionale sull’accordo, come lo è stato
per Alitalia. Due vicende assai simili. I lavoratori devono tornare a essere
classe e unire Taranto, Genova e gli altri stabilimenti del gruppo. Senza
questa unità i lavoratori potranno forse ottenere vittorie momentanee, ma, alla
lunga, come i fatti insegnano, prevarranno le logiche distruttive del capitale
e la battaglia sarà definitivamente persa. Occupazione e risanamento ambientale
sono due questioni strettamente legate che devono essere affrontate e risolte
congiuntamente, per depotenziare il ricatto occupazionale e avviare
contestualmente una vertenza che leghi gli interessi dei territori a quelli dei
lavoratori. Il Partito Comunista italiano è al fianco dei lavoratori ILVA per
sostenere tutte le iniziative di lotta e di mobilitazione collettiva, contrarie
all’assurdità della svendita di un settore ritenuto “strategico per il PIL
nazionale”, anche direttamente presso le sedi Istituzionali del Governo e del
Parlamento. Il Partito Comunista Italiano ribadisce la necessità di
ri-nazionalizzare la fabbrica, e di ricomporre i diritti dei lavoratori e dei
cittadini unendoli in una lotta comune, per fermare l’ulteriore privatizzazione
di tutto un patrimonio pubblico. I lavoratori ILVA e i cittadini di Taranto, di
Genova e delle altre città in cui ha sede l’industria siderurgica non sono
merce da svendere agli interessi capitalistici; solo una lotta unitaria che
aggreghi le forze e gli interessi di tutti potrà salvare l’occupazione e
garantire la salute di tutti.”. Quale sarà la via d’uscita? Purtroppo si vede
solo bufera all’orizzonte. Ma, se davvero nella loro stramba composizione
Lega-M5S, di Governo non volessero passare per il soliti padroni al servizio dei
soliti o nuovi padroni del capitalismo nostrano o internazionale, allora ci
sarebbe spazio per scelte forti, originali, che mettano al centro il
lavoratori. A noi comunisti spetta sostenere queste opzioni, sostenere l’unità
dei lavoratori per questa lotta, pungolare i sindacati affinchè la piattaforma
sia solida e la lotta non arretri.